Nel
periodo natalizio le strade, i vicoli, le case, sono piacevolmente
invase dal suono dolce e
malinconico degli zampognari, gli antichi suonatori che annunciano la
novena dell'Immacolata
ed invitano all'attesa del Santo Natale.
|
 |
La
ciaramella |
Si tratta di un tipo particolare di zampogna zoppa, legata al
ballo e alle feste popolari, religiose e nuziali. Si differenzia
dalla zampogna per una serie di modifiche apportate sui fori
digitali delle canne e sui bordoni, il più piccolo dei quali
viene tolto e il più grande otturato. |
|
 |
|
La
zampogna |
Strumento
musicale nel quale l'aria è soffiata in una o più canne
provviste di ancia tramite una sacca che viene gonfiata
direttamente dal fiato dell’esecutore o tramite un piccolo
mantice. Poiché il flusso d'aria non può essere interrotto, la
zampogna non è in grado di realizzare pause. La tecnica
esecutiva prevede quindi l'introduzione di abbellimenti e
diminuzioni in corrispondenza di note lunghe o ripetute. La
zampogna più semplice possiede un'unica canna, ma di solito sono
presenti almeno due canne, una utilizzata per intonare la
melodia e l'altra di bordone. |

Clicca
sull'immagine per sentire il suono della zampogna |
|
|
Le ciaramelle
di G. Pascoli
Udii tra il
sonno le ciaramelle,
ho udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.
Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata ne' suoi tuguri
tutta la buona povera gente.
Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave;
sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.
Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.
Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;
suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.
O ciaramelle degli anni primi,
d'avanti il giorno, d'avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;
che non ancora si pensa al pane,
che non ancora s'accende il fuoco;
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.
Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole;
sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone
|